Progetto nazionale di eliminazione della Rosolia Congenita

La rosolia è una malattia infettiva che può interessare tutte le età, con un decorso caratterizzato da ingrossamento delle linfoghiandole del collo e dietro le orecchie, febbre e macchie distribuite in tutto il corpo. A questi segni, in poche occasioni, si possono accompagnare transitorie dolorabilità alle articolazioni.

Questa malattia può diventare pericolosa quando l’infezione viene contratta da una donna in gravidanza; l’infezione può contagiare il feto il quale può sviluppare la rosolia congenita, caratterizzata da totale o parziale cecità (cataratta, glaucoma, corioretinite), anomalie cardiache (pervietà del dotto di Botallo, stenosi polmonare ed aortica, stenosi della valvola polmonare, difetti ai setti atriali o ventricolari), uditive e neurologiche di gravità varia.

La manifestazione più comune della Sindrome Congenita è il ritardo mentale. Si hanno problemi di equilibrio e di capacità motorie nei bambini in età prescolare. Disordini psichiatrici e del comportamento si verificano in età prescolare e scolare.

Il momento della comparsa dell’infezione fetale determina il grado degli effetti teratogeni. In generale, prima avviene l’infezione durante la gravidanza, più grande è il danno al feto. L’infezione durante i primi tre mesi di gravidanza è la più grave:

  • I mese: anormalità nel 50% dei casi;
  • II mese: anormalità nel 20% dei casi;
  • III mese anormalità nel 4% dei casi.

Sono rare le anormalità qualora l’infezione avvenisse dopo la 18° settimana di gravidanza. Infezioni non manifeste nella madre possono ugualmente produrre anomalie fetali. L’infezione con rosolia può anche portare a morte del feto o ad aborti spontanei. Alla nascita, il virus è facilmente rintracciabile nelle secrezioni faringee, in vari organi, nel fluido cerebrospinale, nell’urina e in tamponi rettali. L’escrezione del virus può durare fino a 12/18 mesi dopo la nascita, ma il suo livello decresce gradualmente con l’età.

L’unica soluzione per evitare il presentarsi di questa possibile situazione è la vaccinazione. Negli U.S.A. l’incidenza è declinata dai 30.000 casi nel 1964 a solo 3 casi nel 1987.

La diagnosi clinica della rosolia non è mai sicura, per cui il ricordo di avere avuto la malattia, sostenuta magari dalla mamma, non viene accettato come prova certa di protezione.

Per vaccinarsi, comunque, non serve fare l’esame del sangue (rubeo-test) per la ricerca degli anticorpi specifici; anche se questi sono presenti, a dimostrazione dell’avvenuta malattia, la vaccinazione è sicura e non aumenta la frequenza delle reazioni evverse, anzi rinforza l’immunità presente.

La vaccinazione rappresenta una misura di protezione per il singolo e serve ad evitare il contagio di altre donne gravide, ancora non immuni, che potrebbero sviluppare, di conseguenza, la sindrome della rosolia congenita.

La vaccinazione è offerta gratuitamente, nei Servizi Vaccinali, a tutte le donne in età fertile che non hanno contratto la malattia.

Il vaccino singolo antirosolia non è più in produzione; è disponibile nella forma combinata con vaccino antimorbilloso e antiparotite epidemica. Questo vaccino trivalente può essere somministrato, con sicurezza, anche in coloro che in passato hanno sofferto entrambe le malattie.

Fonte:

  • Azienda per i Servizi Sanitari Locali

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