Written by tamara in Sviluppo del linguaggio.
Un interessante articolo del “The New York Times” ci racconta come sia cambiato il modo di vedere il bilinguismo. Fino al secolo scorso ricercatori ed educatori pensavano che il contatto con una seconda lingua sarebbe stato d’intralcio allo sviluppo accademico ed intellettuale del bambino. In realtà si è ora scoperto, al di là del vantaggio pratico di poter comunicare con una più vasta gamma di persone, che il bilinguismo rende intelligenti. Si agisce in profondità nello sviluppo del cervello migliorandone le competenze cognitive, non solo di quelle legate al linguaggio, e crea una sorta di schermatura per la demenza senile.
Il contrasto che c’è tra le due lingue all’interno del cervello risulterebbe non tanto un problema quanto la soluzione di un problema perché costringe il cervello a risolvere i conflitti interni, allenando la mente a rafforzare i muscoli cognitivi.
Alcuni studi hanno dimostrato come la funzione esecutiva dei bilingui sia migliore. Per funzione esecutiva si intende tutti quei processi mentali più impegnativi che usiamo per la pianificazione e la soluzione dei problemi. Ad esempio si migliora la concentrazione riuscendo ad ignorare le distrazioni e si può spostare l’attenzione da una cosa ad un altra, volontariamente, rimanendo in possesso di tutte le informazioni.
Le differenze fondamentali tra un biligue e non, è che il cervello del bilingue, per risolvere un problema, lavora in maniera più efficace, più veloce e con meno sforzo. È in grado di cambiare l’uso della lingua a seconda di chi si trova davanti o della situazione, tenendo sempre sotto controllo l’ambiente che lo circonda in quel momento.
Sembrerebbe anche che queste abilità servano a garantirci una vecchiaia più sana. Ma a quanto pare il processo che avviene nel cervello dei bilingui vale anche per le persone che imparano una seconda lingua più tardi nella loro vita.
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