La scuola Waldorf e l’ipermedicalizzazione dell’infanzia

Leggete questa parte di articolo di Andrea Scicchitani, a cura della redazione di “GiùleManidaiBambini”®

Le chances che un individuo ha di attingere alle proprie sorgenti interiori dipendono dalle cure che gli sono state prodigate in gioventù da parte dei suoi educatori ed insegnanti. Il compito fondamentale dell’educatore, più che addestrare nuove leve per la prosecuzione a senso unico di linee di sviluppo tecnologico ed economico prestabilite, consiste nello stimolare le qualità individuali rendendole feconde per la società.

Secondo un articolo apparso sulla rivista Reader’s Digest, oggi nei soli Stati Uniti sono circa 10 milioni i bambini che a partire dai pochi mesi di vita assumono un farmaco antidepressivo, il Ritalin, droga più potente della cocaina. Questi farmaci, come tutti gli psicofarmaci, non risolvono le cause che hanno prodotto eventuali patologie, ma addormentano le anime e non permettono all’Io individuale, alla sostanza spirituale di rivelarsi e manifestare la propria ricchezza.

Intanto le giovani menti sono sempre più sole, in mezzo a un mondo di adulti senza tempo, e si destreggiano tra innumerevoli marchingegni tecnologici, nonostante appelli e allarmismi di papi, presidenti, filosofi, psicologi e pedagoghi, quali surrogati di tate o baby sitter in disuso: televisioni, computer, videogame. Il tutto coronato da un’immissione sul mercato di facili possibilità di successo: basta avere un corpo sinuoso e la velina impazza accanto a corpi maschili palestrati e anabolizzati. Corpi che sono sempre più oggetti del desiderio e che vengono utilizzati per bramare altri oggetti attraverso media ininterrottamente invadenti. Bambini costretti a crescere velocemente, spesso privati di grandi ideali ma con tanti idoli da emulare.

Siamo chiamati a contrastare sempre più quelle forze negative che vogliono animalizzare il corpo, addormentare le anime e meccanizzare le menti, che tentano di escludere un pensiero autonomo e creatore. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha affermato, non certo per creare inquietudini, che probabilmente nel 2020 la metà dei bambini del mondo sarà colpita da malattie mentali.
L’attacco al mondo dell’infanzia è sempre più palese, un attacco che tende a minare profondamente le forze del futuro, le sole in grado di dare un domani risposte valide alla soluzione dei problemi del tempo in cui viviamo.

Della tragedia in atto, Rudolf Steiner era più che consapevole già un secolo fa e pose il tema dell’educazione come fondamento per superare i problemi della questione sociale. Elaborò la nuova pedagogia, nata nel suo intimo come “figlia della preoccupazione”.
Nel 1960 le scuole Waldorf-Steiner erano 65, sparse in 15 paesi; oggi sono circa 900 e 1600 gli asili, presenti in tutti i continenti del mondo.

L’espandersi della pedagogia steineriana in tutto il mondo non nasce però da un impulso missionario europeo o da una sorta di imperialismo culturale. Il piano di studi delle scuole Waldorf non può venire semplicemente trapiantato in un altro ambito culturale come una ricetta buona per tutti gli usi, ma richiede necessariamente un’integrazione nel mondo sociale e culturale di ogni regione. Una scuola Waldorf che opera in una favela brasiliana è molto diversa da una scuola Waldorf di Manhattan.

L’immersione della nostra pedagogia nella multiforme realtà delle diverse culture della terra comporta anche e soprattutto un problema di formazione degli insegnanti.
Assumono nel presente sempre più significato le parole date da Rudolf Steiner ai futuri educatori, nella prima conferenza di “Antropologia generale”:

“Potremo arrivare a compiere giustamente il nostro compito, se lo considereremo riguardante non solo l’intelletto e il sentimento, ma soprattutto, in sommo grado, la moralità e la spiritualità. Molto dipenderà dal fatto che noi, sin dall’inizio, impariamo a comprendere che dobbiamo dare al nostro lavoro un indirizzo adatto alla nostra epoca. Dedicandoci al nostro lavoro non dimentichiamo che tutta la cultura contemporanea è basata sull’egoismo degli uomini… C’è una grande differenza, e questa non dipende solo dall’essere un insegnante più abile dell’altro nell’applicare espedienti pedagogici esteriori; la differenza essenziale, quella che veramente opera nell’insegnamento, sta nella direzione che il maestro imprime ai suoi pensieri durante tutta la giornata, e porta con sé quando entra in classe.”

In questo nostro tempo nel quale dominano le più basse passioni umane e gli egoismi, solo un continuo sforzo a trascendere la propria personalità, la propria egoità, può sostenere gli educatori nei compiti del presente, attingendo a quella forza meravigliosa capace da sola di trasformare la vita e di cambiare le sorti del mondo: la forza dell’amore.

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